Prefazione all’opera

Introduzione.

ELEMENTI TRASCENDENTI LA MATERIALITA’

 

 

 

 

 

 

 

 

Prefazione all’opera

 

 

Parlare di qualcosa di definito implica qualcosa di circoscritto, o dal contorno, o dalla definizione, ed o dalle conseguenze, o dalla causa, sebbene la stessa conseguenza implichi la definizione della stessa, ovvero nel caso della causa la cosa riguarda la azione, e tra esse si divide e distingue quella pragmatica e quella ideativa ,o ideatoria, ovvero extensa e cogitans, in una extensa o cogitans in cui la assenza di definizione è data dalla possibilità, ovvero dal gioco delle possibilità, che riguarda la elevazione a potenza, tenendo presente che il concetto di possibilità implica una definizione ideatoria o spaziale, e si giunge di nuovo al circoscritto. Tale definizione è la definizione della definizione, ovvero determinismo, ma non positivismo. Ma tutto ciò è anche per spiegare la futilità dello spiegare, ovvero nichilismo quale assenza di spiegazione, ed in tale futilità dello spiegare se le determinanti sono determinanti non vi è possibilità , ovvero impossibilità della possibilità, ovvero possibilità della possibilità della parvenza, la illusione della possibilità, e della ragione, come desiderio di descrizione. Ovvero come desiderio di scienza, e senza alcuna critica ad una apprensione che, se vi è, deve trovare posto in una legge dell’essere, ovvero in una ontologia, similmente al cassetto che tu apri per trovare un pigiama, ma differentemente perché tu il pigiama non lo usi, ovvero lo usi differentemente, e quindi trattasi di operazionismo e di luogo della parola, ovvero del suo posto e della sua collocazione, ovvero trattasi come direbbe Kierkegaard di desiderio del finito, definito, o dell’indefinito, infinito, e torniamo al nichilismo velato a dire di Lacan. Quelle due pulsioni di Freud ci orientano, e si collocano a livelli differenti dell’ideatorio, ovvero a livelli della diga e della non diga di Lacan, tutto è pulsionale, tutto sembra essere parzialmente desiderativo, rispetto cui la stessa descrizione etimologica e linguistica, si pone sul piano del desiderativo, e che poi possa parlarsi di nutrizione, e fase anale, ovvero proprio di fase anale, il cui antecedente è il diktat nutritivo, formativo del Censore con la Legge del Padre e della Madre, dell’Incesto e della dialettica in cui il bambino vede se stesso onnipotente, ovvero fino a giungere all’anale ,quale forma di controllo della onnipotenza stessa, ed onnipotenza stessa. Estremizzo. Dunque, in un discorso confluisce l’organico con il funzionale, ma vi è l’organico funzionale, e nello stesso tempo Luria aveva dato tale impostazione a quello che si rivela il concetto modulare a livello organico, e non cognitivo, o meglio confluisce organico e ideatorio, per cui vi è una relazione rispetto cui si ricava che lo spaziale incide sulla cogitans, ma con ciò siamo a livello di altro. Ovvero a livello del funzionamento di un quasi robot, realizzazioni derivanti da letture protratte, dalla fisica alla arte medica, puntando soprattutto su una dialettica, che non è dialettica, ma impossibilità della dialettica, per il concetto di impossibilità della possibilità, ovvero l’essere dell’essere rilevandosi una galera,il che è una definizione della possibilità, e non discostandomi dunque dal quanto osservava Socrate. Ma con la differenza che gli universali sono la stessa galera, ossia con il giungere al fondo del nichilismo, o se volete pulsioni di morte e istinti aggressivi. La cui unica soluzione, e dissoluzione diventa una relazionalità del tempo e dello spazio, rispetto ad una soggettività che in essi si inscrive al pari della parola, e ciò in quanto è Lacan a parlare di inscrizione della parola,e Oury, suo discepolo a parlare di inserzione o inserimento dell’essere nel tessuto dell’essere, discorso condotto non differentemente da quanto fa Russel a proposito della ideazione e delle prospettive, secondo un filone iniziato e governato dal caso di Nietzsche, e dal suo essere fatale per la modernità. E mentre Nietzsche è il solitario, è il viandante e la sua ombra,testimoniando che il non essere dell’essere nichilista non vuole alcun essere e lo disdegna a livello della relazione, che è anche l’essere del genio, del funambolo, di colui che è in grado di elevarsi, Heidegger riprende Nietzsche e lo riporta nel relazionale, residuando il suo vivere per la morte, ma al pari dell’Ente e della cura fino al determinismo dell’ essere , criticato da Camus, maggiormente fedele a Nietzsche, con il suo dire rispetto alla staticità dell’essere che equivale alla morte dell’essere in modo paradossale. Ma tale relazione per quanto possa essere molteplicità di relazione è impossibilità della relazione, nell’essere le stesse le emozioni, le scelte, le possibilità della azione e della ideazione, ovvero in un non poter essere dell’essere ed in un non poter essere differente per quanto lo si voglia, ed in ciò vi è un fatalismo differente da quello nietzschiano nella sua scelta della fatalità del caso, che è quello di una via calcata da un viandante senza meta, ritirato, nell’Olimpo dell’immaginativo, e non delle immagini, ma immaginativo come ideativo, come navigazione, secondo un termine caro a Parmenide. Una navigazione che stanca fino a giungere alle sponde dello scetticismo perché tutto è inutile, tutto è assenza di familiarità, tutto è irraggiungibile per quanto ci illudiamo di raggiungere un qualcosa. Il vaso di Pandora. E su tale piano che si colloca il sorgere e l’insorgere del desiderio, sorgere come nutrizione, e insorgere come frustrazione, sorgere come carattere erogeno della nutrizione, perché è da tale stimolo che il bambino ripete la poppata, e non solo dalla fame, eros e conservazione, fino al carattere erogeno della carezza, alla sua rappresentazione, alla rappresentazione del corpo, ovvero al sorgere del desiderio dalla fase orale, dalla fase narcisistica per eccellenza, dalla fase delle immagini ,in cui le immagini sono il desiderio, che ci conduce alla vita e alla morte. E’ ivi che si colloca il desiderio in quella assenza di argini, in quel caso dato dalla assenza rappresentativa, e che viene ripreso nella ricerca dell’ignoto, in cui si vaga senza bussola, alla ricerca di orientamento, nella esplorazione che è preclusa dalla assenza dell’accudimento ,e forse anche no. Altra sfaccettatura del nichilismo, del voler un ignoto, simile al non essere, per assenza dell’ essere appreso, ed una ricerca che si colloca nell’ambito di desiderio e di nutrizione, e non solo, fino a giungere in tale ambito patologico e della patologia alle dialettiche della frustrazione ,e della reazione ad essa, che paradossalmente colloca il desiderio ad un altro livello. Sì perché con la frustrazione non siamo solo sul piano della introduzione al reale, che è il voler essere il genitore, in una prospettiva, oltre che la uscita dalla allucinazione del desiderio, ma anche siamo sul piano della reazione, sul voler essere autonomi nella nutrizione e nella carezza, sul desiderare la Madre, ovvero i re attivismi dello stimolo e della risposta. Tale libro è scritto dopo lunghi periodi dapprima contemplativi, ovvero di interrogazione, e dopo di studio concentrato, forse fissato, e dunque desiderativo. Spero che dalle premesse della prefazione potete orientarvi in una difficoltà, con tensione ridotta ad una maggiore semplicità e ricordando che non si può rendere semplice ciò che complesso.

 

 

Introduzione.

 

Parlare dello spaziale equivale a parlare dell’organico, parlare dell’organico equivale a parlare del funzionale, ovvero del momento in cui la idea acquisisce una autonomia che la fa andare oltre il funzionale stesso, sviluppo concettuale in cui è incluso il trascendentale. Parlare dello spaziale equivale dunque anche a parlare del filosofico, ovvero le applicazioni della logica secondo Popper, la osservazione galileana e la distanza logica di Platone come anche di Freud. Ebbene anche di Freud si parla, ovvero di una sua analisi, parziale o meno, comunque giusta, del reale, e soprattutto irraggiungibile, talmente irraggiungibile che implica una buona vista, cosa che torna utile in un qualsiasi frammento di analisi, né tantomeno manca la memoria, né tanto meno il vissuto. E con la memoria ci riagganciamo a quello che è dell’ordine dell’organico. Attratto notevolmente dalla medicina ricorre spesso il mio sguardo sui libri attraversati e da attraversare, frammenti ed analisi emergono. E tali sono talune intrusioni neurologiche, ma ciò non toglie la loro estrema passibilità, ovvero credibilità ,o se volete verità. Ma quello che mi premeva di analizzare è che occupiamo uno spazio, il cervello occupa uno spazio, e questo schema sopra proposto torna utile per comprendere il funzionale, ovvero il concetto stesso di spazio torna utile, quello di spazio assoluto, una antinomia kantiana, ovviamente se la intendiamo in senso kantiano, e noi non la intendiamo in senso kantiano se non nel senso di impossibilità di individuare la sostanza, quella che si diceva permane. Dunque se Kant fa rientrare la sostanza attraverso una categoria simile alla stessa che è quella di noumeno, che non è la sostanza in quanto lo stesso afferma la percettività del tempo e dello spazio, ma è un qualcosa che deve esistere, deve permanere per essere quello che è, ovvero deve essere, sempre se il discorso sia corretto e talune rilevanze fisiche non comprovate sembrano orientarsi nella traiettoria kantiana, quella fisica e non logica. Ovviamente lo spazio, quello funzionale, implica coordinate, e capacità, la capacità si colloca sempre nell’ottica del funzionale, infatti parliamo di arcaico e primitivo ,e di neocorteccia. Ed è sempre a livello del funzionale possiamo parlare di plasticità , ovvero ne potremmo parlare a livello arcaico o rettili ano, in altre e delimitate angolazioni, non analizzabili per via della incidenza del funzionale sull’istintivo, sia a livello di spostamento del funzionale attraverso l’istintivo, e sia a livello di incidenza della corteccia per domare l’istintivo , ovvero il controllo della coscienza , ed ancora sia a livello di allucinato, ovvero il desiderio assoluto di un oggetto che deve avere una fissazione, o traumatica, o legata ad altro, e tale fissazione un sessuologo come Freud, e non è onde sminuire l’aspetto neurologico, anzi, la individua nell’incesto giungendo per vie traverse alla interpretazione del mito, che Jung ci dice si tramandi a livello di inconscio, per cui la sua enucleazione è una proiezione, ed ancora dunque a ciò legato si ricordi tale riconoscimento-riconoscenza di Freud in Totem e Tabù. E se Freud ci vedeva ci vedeva bene. Cosa è lo spazio se non il circostante, e cosa è l’altrove, è qualcosa che riguarda ancora altro, rispetto cui prediligo la ricostruzione di Jakobson, od ancor di più la parte neurologica di Freud, la sua parte gettata a tutela di un nome che richiama altro, la malattia e l’affetto, questione di distanza-vicinanza, di dialettica dell’aiutare ,o se volete di processo della cura ,come lo intende Heidegger,processo della cura che è evoluzione di Fichte, ovvero la integrazione e l’apporto del dotto in una società che ruota attorno al dotto, secondo determinismi che Heidegger descrive, e si conosce la sua appartenenza ,ma anche la scienza che appartiene e pertiene alla Germania. Lo spaziale implica la categoria ,e dire che lo spazio ed il tempo, come intuizioni, sono intuizioni pure, equivale a dire che non intenderemmo il mondo senza spazio ,e tempo, fino alla loro interrelazione, sia come velocità, sia come rapporto di spazio e di tempo. E nello stesso tempo se tale intuizione è pura lo spazio assoluto esiste ed è relativo. Ovviamente residuano altre categorie di cui contesto la purezza, ovvero la affermo in talune di esse, e si sa che le categorie si pongono nel campo del funzionale, ovvero un loro deficit equivale ad un deficit della persona. Anche la inquadratura o quadratura della funzioni junghiane equivale a molto, e potrebbe trovarne di ulteriori applicazioni alla luce di quanto affermato in psichiatria successivamente. Ma quello che mi preme riprendere invece a proposito dell’incesto è il ruolo della Scena Primaria, in un periodo in cui la coscienza non si è ancora formata, ed ancora la sua realizzazione a livello reale, come anche il rivivere la madre l’infanzia nel figlio, che risveglia la dicotomia desiderio, ed invidia del pene, relazionale, trans generazionale, il bambino sostituto del fallo che rimane comunque un fallo, ed a volte un giocattolo, desiderio ed invidia,ma con ciò parlo di molto altro ancora rispetto quello da cui ero partito, che è anche il carattere spaziale non solo nel senso della fisica, ma in quello di una trama che lo intesse e lo individua. Lo aveva inteso Parmenide, quando a proposito di dialettica ,parlava di naufragio e navigazione. Quadrature-inquadrature e prospettive. Fino a giungere al carattere reale del nichilismo di Nietzsche, e alla sua passione per il caso, la volontà di nullificare lo spazio, la sua prigione, e non il Creato, ovvero affermo che non vi è nulla di più erroneo che dire a Nietzsche che Cristo era quello che altri descrivono, ovvero il dionisiaco -l’istintivo, la distruzione, ancora una volta l’incesto il sociale, la contestazione del sociale, e la sua pericolosità come spirito libero ,e non vi è nulla di più libero del Nulla, tessiture della pulsione di morte, anche come aggressività,il ruolo in ciò del trauma, e le sue incidenze sulla patologia. Odiare lo spazio, rifiutarlo equivale a perdersi nel nulla, senza coordinate, in una assenza di tempo descritta nei trattati attuali, fino all’oppio, ed ad una nuova angolazione dell’uso di droga, la distruzione, ma vi è dell’altro, oltre al ritorno alla quiete, allo stato natale, al bisogno, alla nutrizione, al capriccio, al vizio e di nuovo all’incesto. L’orientamento del caso, e non è un caso come Lacan denotò che non fu la procreazione, sebbene parzialmente contesti la costruzione lacaniana in merito a questo, a intessere le trame dei pensieri di Freud ma la pulsione di morte e l’eros, ovvero la morte, come contrappeso opposto alla conservazione ed il sesso che portò alla teoria della scena primaria. E giungere alla scena primaria vuol dire analizzarsi e sapersi analizzare secondo il teorema posto fa Freud, quello che Lacan chiama il Padre Simbolico, ovvero la parte indistruttibile di Hans, ed indistruttibile nel senso di costruttiva nella operosa decostruzione della trama dell’incesto ed anche di qualcosa altro, ovvero il terapeuta che entra a far parte di te, in modo definitivo, il buon Dio, colui che ti cura, ed il transfert amoroso. Lacan accusa la deficienza del Padre di Hans, la sua devozione, ed in contrasto allo stesso sostengo che taluni rilievi di colui che occupava la stessa professione di Freud, grazie a Freud, erano non irrilevanti tranne la capacità di scegliere tra il dire e non dire, il velare e il non velare. Con questo siamo nel piano del funzionale e non dello strutturale, e perché?. Perché Freud scelse di curare, ovvero la storia , la relazione, e la costruzione del teorema della distanza, fino a Totem e Tabù. E quanto diviene interessante lo strutturale non vuol dire niente, in quanto una struttura rotta è una struttura rotta tranne Lurija, ma erano altri tempi. Con ciò parlando delle interrelazioni anche del pensiero junghiano con quello freudiano, altri modi di riparare ciò che è arcaico ancora di più, ovvero la scissione dell’inconscio personale e dell’inconscio collettivo, della trasmissione della informazione, anche conservativa ed anche della morte. Le costruzioni junghiane sono francamente affascinanti, il modus operandi, il modo di tessere la trama e forse di analizzare, i miti, e tanto altro ancora la scissione della percezione e la funzione, ovvero di ciò che viene prima e di ciò che viene dopo, e forse come dicevamo struttura quel dopo che viene, fattore accolto parzialmente nelle analisi lacaniane della diga e del fiume. Spero vi dilettiate in una lettura impervi, in taluni casi possono mancare i riferimenti, in taluni la capacità di comprendere la meccanica, ovvero anche possono essere noti i meccanismi, e mancare i riferimenti, ma ciò sicuramente renderà ugualmente agevole la lettura.

 

 

ELEMENTI TRASCENDENTI LA MATERIALITA’

 

L’ idea che mi propongo è portare alla luce i meccanismi che palesano la fondamentalità del processualismo della distinzione, del quale essendo il concetto radicale, ossia estensivo, esaminerò, di necessità , aspetti della distinzione in quanto ,da un lato ,esplicitante , connotante e connessa implicitamente allo stesso determinismo materiale, di cui costituisce il fondamento, che si manifesta in riferimento all’essenzialità tautologica del limite, e che da altro lato si estende al procedimento di elaborazione razionale che , in primo tempore, è un riflesso o specchio della diversificazione della materia, e da questa determinato ,ma che ,da altra e successiva angolazione, determina attivamente , come ed in quanto espressione dell’io e del non io , la rappresentazione del diversificarsi ,così costituita, a partire dal determinismo materiale. Con ciò ,dunque, rientra nella intenzione ricostruire le modalità con cui la modalità distintiva opera esternamente ,come diversificazione della materia, quindi oggettivamente e fisicamente, ma in rapporto alla sua successiva esplicitazione nella molteplicità delle idee che costituisce, come detto, in primo tempore, ed in un ottica circolare ,che comunque si sussegue, il riflesso e la conseguenza del contatto con il dato materiale, cui deve essere attribuita la sua importanza, senza scadere in un ingenua esaltazione di un materialismo meccanicistico ,per di più ideale. La scissione tra la percezione del dato sensoriale e la genesi dell’idea costituiscono il punto di contatto da cui nasce la opposizione, come vetta ed abisso, tra trascendenza metafisica e trascendenza materialistica o esistenziale. La trascendenza materialistica tende a fissare la ragione nell’epicentro del contatto materiale, in cui si determina la oscillazione dello spirito tra la materia e la sua connessa rappresentazione, ed associandosi alla volontà di prorompimento e connessa appropriazione libidica dell’io, si struttura ,in assonanza all’istinto di aggressività ,in penetrazione ideale della cosa oggetto, da cui, da un lato, tende a distaccarsi con la strutturazione e destrutturazione della cosa-oggetto, e in cui ,dall’altro lato, si manifesta l’anelito dello spirito di giungere nell’interno dell’oggetto, inteso come il nucleo della cosa in se kantiana. La necessaria frustrazione di tale anelito determina la rigenerazione della volontà penetrativa, che in tal modo struttura la scienza. Tale trascendenza ,dunque, fissando la ragione nell’epicentro del contatto, nasce nel momento in cui ,razionalmente, si condetermina la rappresentazione concettuale, dalla rappresentazione simbolica data dalla percezione della materia, e attraverso la sempre minore aderenza della rappresentazione concettuale alla rappresentazione simbolica, successivamente, va parzialmente a congiungersi ed avvicinarsi alla trascendenza metafisica ,distaccandosi dall’oggetto, al cui distacco può contribuire in particolar modo la opera di strutturazione e destrutturazione della cosa oggetto, all’interno della quale va anche ad inserirsi la possibile fantasmizzazione della stessa cosa oggetto . Ritornando sul concetto, e limitando l’analisi alle due modalità di destrutturazione e strutturazione della cosa oggetto, si può agevolmente notare, che la modalità destrutturante si lega maggiormente alla fase di penetrazione della cosa oggetto, mentre la modalità strutturante si può individuare nei meccanismi appropriativi della stessa. La fase destrutturante ,comunque, conserva ,pur nella destrutturazione, una maggiore aderenza alla cosa-oggetto ,e si associa in particolare all’istinto di aggressività, che determina la profondità della penetrazione. L’istinto di aggressività ,ad esso associato, può anche legarsi alla voglia di annichilimento e distruzione della parte esterna all’io. Di qui il nichilismo che la contraddistingue. La fase strutturante contraddistingue il ritorno all’io, e si lega alla ricomposizione della destrutturazione necessariamente determinatasi in quanto caratterizzante la invasione

 

dell’esterno. In tale ricomposizione gioca un ruolo fondamentale il gioco associazionistico che si determina a seguito della scomposizione in parti causata dalla destrutturazione. Contraddistinguendo il ritorno all’io la fase strutturante tende ad associarsi maggiormente all’istinto di conservazione. Tale racchiudimento nell’io sembra caratterizzare la volontà di potenza nietzschiana il cui nichilismo si associa alla volontà di permanenza in tale stato che si prefigurerebbe in ragione dell’abbattimento dell’esterno. La fase strutturante tende anche a cooperare con la fase destrutturante ponendosi nell’attimo successivo alla destrutturazione. Da tale cooperare quando non è concettuale deriva il sorgere dell’attività simbolica ,su cui poggia la fase di strutturazione successiva e concettuale, che si basa sul ricordo del simbolo, e che quindi rappresenta una sintesi. Tali dissertazioni si legheranno poi alle successive argomentazioni. Come detto nella trascendenza materialistica la fase strutturante si pone anche in immediata relazione alla fase destrutturante. La fase strutturante tende quindi ad operare in due momenti, ossia nel momento immediatamente successivo a quello in cui opera la fase destrutturante, e successivamente al formarsi, che da tale cooperazione deriva, del simbolo. La creazione del simbolo deriva proprio dal porsi della fase strutturante ,in immediata relazione alla fase destrutturante. In tale interazione la fase strutturante non ha carattere concettuale, ma si relaziona ad immagini, che concretano il simbolo, e all’attività sensistica di piacere e dolore, da cui ,in parte, la attività simbolica deriva. Tale attività sensistica caratterizza anche l’operativismo della fase destrutturante, e ne incentiva, o disincentiva la voglia penetrativa ,in termini di ritrazione e perdurata. L’immagine che si concreta nel simbolo è successiva alla percezione sensistica, e entrambi sono una conseguenza del porsi del contatto con la materia. L’attività sensistica è in diretto rapporto con l’io, e determina la possibile fantasmizzazione dell’oggetto o più ampiamente dell’esterno. Tale fantasmizzazione può essere, sia visiva ,sia ,successivamente all’intervenire del linguaggio, concettuale, ma successivamente all’esplicarsi di tale fase. La attività sensistica si pone anche in immediata relazione all’inconscio più profondo del soggetto. E’ nel momento della necessaria interrelazione della fase destrutturante con l’attività sensistica , che va colto il senso del dionisiaco nietzschiano ,che si collega ovviamente direttamente ai sensi, ed in tale direzione va interpretata la condanna dell’apollineo ,inteso come forma, come struttura, ma ancora come assenza di godimento e distanza, per cui ha senso parlare con riferimento alla fase strutturante di forma che incastra la forma, da cui maggiore distanza e minore godimento, con ciò delineando quello che possiamo definire il nichilismo interiore che si frappone al nichlismo esteriore quale esercizio della potenza, nello stesso tempo dovendo rimarcare il costruttivismo del nichilismo interiore ai fini del godimento e della potenza, per cui vi è da chiedersi se possa trattarsi di vero nichilismo. La trascendenza metafisica inizia a determinarsi a partire dall’operativismo della fase strutturante, in quanto essa si caratterizza come l’ iniziale andare al di là dell’oggetto. Con la formazione del concetto si delineano due ulteriori procedimenti ,che si avvicinano alle fasi strutturante e destrutturante, e che, invece, caratterizzano la prima elaborazione dell’oggetto: esse sono la fase costruttiva e la de-costruttiva. La fase decostruttiva accompagna la costruttiva costituendo un rapporto analogo a quello precedentemente descritto della fase strutturante con quella destrutturante. Essa serve a focalizzare l’aderenza del concetto all’oggetto. Si deve precisare che la rappresentazione concettuale dell’oggetto esprime ciò che l’oggetto è in un modo che non è immediato e che è quindi descrittivo, e dunque più ampio rispetto al manifestarsi immediato dell’oggetto. La fase decostruttiva procede a sospendere determinati aspetti del concetto dell’oggetto permettendo alla fase costruttiva di operare ulteriormente trovando rappresentazioni concettuali degli aspetti sospesi della cosa oggetto più aderenti all’oggetto. Mentre nella fase strutturante si determinava l’andare al di là dell’oggetto qui la trascendenza

 

metafisica si caratterizza come andare al di là del concetto dell’oggetto per ritornare all’oggetto da un lato e al suo concetto dall’altro. L’importanza della fase decostruttiva deriva dalla sua opera di parziale annullamento del concetto dell’oggetto che determina l’andare al di là alla ricerca di una possibile e maggiore aderenza. Tale andare al di là del concetto dell’oggetto legittima e rafforza la capacità immaginativa del soggetto ,dal cui esplicarsi la ragione ritrova nessi, che contribuiscono a una più esatta formulazione del concetto dell’oggetto. Anche la fase decostruttiva si associa ai modus procedendi dell’istinto di aggressività, che può portare all’annichilimento del concetto. Tale annichilimento del concetto porta ad una sospensione dell’attività dell’io, che entra in contatto con l’inconscio del soggetto, che lo sostituisce. Attraverso tale passaggio si ritorna alla rappresentazione simbolica degli oggetti. Chiamo questa fase di disintegrazione. Essa si determina anche in relazione all’operatività del processo associazionistico. Tale forma di disintegrazione, in particolare è attiva in quanto si associa all’istinto di aggressività, che determina il livello di profondità del contatto con l’inconscio. Nella ritrazione che si determina a seguito dell’annichilimento dell’aggressività, che viene soddisfatta ,l’io torna a costituirsi . In tal modo fa sue le rappresentazioni simboliche e avvia rappresentazioni concettuali della rappresentazione simbolica, che in virtù della maggiore immediatezza della rappresentazione simbolica generano automaticamente una maggiore aderenza del concetto all’oggetto. Altre due forme di disintegrazione si determinano invece a livello associazionistico. La comprensione del come si determinino tale ulteriori forme di disintegrazione richiede delle premesse. La disintegrazione avviene sia in ragione della distanza associazionistica ,sia in ragione della pluralità delle associazioni. La distanza determina nel suo percorrimento ideale una sospensione intermittente dell’io ,nel tempo di collegamento dell’associazione all’oggetto. Tale sospensione intermittente dell’io consente all’io di ottenere dall’inconscio materiale per ulteriori associazioni. E’una fase in cui l’io associa, associando ulteriormente, se la disintegrazione non è pura, ed il contatto con l’inconscio è proficuo in virtù di tale intermittenza che consente all’io di acquisire in modo più immediato dalle rappresentazioni simboliche inconsce. Ugualmente la pluralità delle associazioni che si può determinare a partire da questa modalità procedimentale dell’io ,o anche semplicemente associando, producono una forma di disintegrazione più profonda . In tale forma di disintegrazione ,in quanto si presenta passiva,ossia in quanto non associata all’istinto di aggressività , sebbene vi possa inconsciamente essere associata ,ed istinto di aggressività che fornisce quella forza che permette di dominare e contrastare l’inconscio, si evince il motivo per cui , ma non sempre, in tale forma di disgregazione, l’io viene annullato e invaso dalla attività inconscia , si ha una de- personalizzazione la cui evidenza e gravità dipende dal periodo di annullamento dell’attività dell’io. Ciò può realizzarsi anche nei suoi aspetti attivi che essendo mosso dal desiderio di associazioni, ovvero di conoscenza, e dunque di potenza possono determinare parimenti una fase di sottoposizione masochistica ideativa, in cui subentra il carattere pernicioso e pericoloso della passività ossia della sottomissione a tali dinamiche. La nascita dell’ istinto di conservazione è successiva alla percezione del sentimento di sé, che costituisce il nucleo del senso interno. Da tale sentimento di sé presumibilmente origina , nelle sue diramazioni, anche la attività razionale e di qui la forte interrelazione tra l’io e l’istinto di conservazione che è parimenti correlato al senso interno. Infatti l’istinto di conservazione tende a mantenere la separazione anche di quella parte che viene individuata razionalmente nell’esistenza dell’io, dalla totalità esterna , e solo a partire da ciò è possibile la possibilità di essere uno con l’oggetto, differente dalla precedenti forme simbiotiche, derivanti dalla assenza di razionalità o dal carattere imperativo del desiderio fusionale. La cosa intrigante è che separandosi dalla totalità esterna, tale io si pone esso stesso come una totalità, più o meno marcata, dalla volontà di separazione o

 

conservazione, e quindi di affermazione o potenza ,che contraddistingue ,poi ,il flusso che va, dal senso interno e dall’io ,all’appropriazione-conoscenza dell’esterno. Il determinarsi della sintesi ,che l’io svolge, poggia proprio sulla demarcazione tra interno ed esterno, che è il primo marcatore materialistico della sintesi, essendo necessaria alla sintesi la esistenza per lo meno di tre termini. Da ciò si pone la ulteriore demarcazione dell’io dall’ interno ed dall’esterno da cui i tre termini della sintesi risultano ossia generalmente un termine che è l’esterno, un termine che l’interno-esterno, e può essere razionale-concettuale o meno, e l’Io sintetico. L’istinto di conservazione ponendo la separazione tra l’io ,che l’istinto medesimo afferma, e lo spazio esterno, anche ideale, ossia esterno all’io, pone l’io stesso come totalità ideale, cui l’io stesso aspira come ideale, e con ciò si coglie anche quella parte dello sviluppo della coscienza che si narcisizza nella proiezione io sono io dell’idealismo di Schelling, che è il punto di partenza per il determinarsi della volontà di affermazione o potenza, che si esplica anche nell’operato della libido,che caratterizza il prorompimento e la penetrazione dell’esterno al pari di aggressività-conservazione. Tale proiezione dell’io sono io, accompagna la penetrazione della cosa oggetto ,e si associa alle modalità strutturante e destrutturante ,ma distanziandosi da esse. Attraverso l’esplicarsi della fase strutturante, la proiezione io sono io acquisisce i dati provenienti dall’esterno, e la distanza che essa pone, anche in quanto proiezione , ne permette una elaborazione esterna all’io, e ciò involge il discorso della sintesi e dell’interno-esterno. Il sentimento di sé deriva in gran parte dal porsi del contatto ,sia materiale, sia ideale, anche in quanto interno-esterno, precisando che se non esiste tale demarcazione dell’interno in interno-esterno non si può supporre l’autonomia sensistica e concettuale, e il sentimento di sé segue dalla opposizione interno ed esterno, quale appropriazione e introiezione, ance conoscitiva, ed interno ed interno-esterno, quale conoscenza idealistica o psicologica. In tale sentimento di sé si incentra la primigenia formazione della coscienza, da cui la sua suddivisione in pragmatica, pragmatico- ideatoria e ideatoria o astratta, coscienza , dunque, che successivamente si definisce e perfeziona attraverso la elaborazione del sentimento di sé, e dell’esterno, ad opera dall’attività razionale dell’io penso. La elaborazione dell’esterno, poggia anche sulla elaborazione del sentimento di sé, che dalla demarcazione interno ed esterno deriva. Si coglie in ciò la relazione tra sentimento e io inteso come attività razionale ,ma anche la scissione, in quanto l’attività razionale, in ragione delle sue elaborazioni ,tende a distaccarsi con la elaborazione stessa dallo stato sentimentale ,acquisendone autonomia e da cui la divisione ulteriore della cosicenza in coscienza emotiva e coscienza razionale, rispetto cui ci si può interrelare alle funzioni di Jung e rispetto cui le due ulteriori funzioni dipendono dalle prime menzionate. Si coglie anche la forza che deriva all’io dal suo narcisizzarsi nella proiezione io sono io, che equivale alla affermazione dell’io dell’essere ogni concetto della realtà . E in tale meccanismo si può individuare la sostituzione dell’io alla realtà cui accennava Freud. Ma la forza dell’io deriva anche dalla stessa separazione dall’esterno, che si associa all’istinto di conservazione, oltre che dall’intervenire di quella parte dell’istinto di conservazione data dalla aggressività, che opera in direzione della formazione del concetto, e che deriva dall’operativismo sottocorticale, inconscio dell’attacco-fuga mentre la libido, tendente alla indifferenziazione ossia alla abolizione di interno-esterno, il che riguarda genericamente la dinamica tendente alla simbiosi del desiderio ,libido cui l’istinto di aggressività si associa, caratterizza maggiormente il prorompimento all’esterno, come desiderio dell’oggetto , incidente a seguito dell’energia accumulatasi ed auto-accumulatasi nell’io, sulle idoneità ideative, come sublimazione nel senso del sacrificio del fallo, come Jung teorizza nei Tipi psicologici. Da ciò si possono ricavare gli schemi di aggressività-conservazione-io- difesa e libido-penetrazione- desiderio- oggetto prolungamento dell’Io (Locke)-simbiosi o indifferenziazione. Riprendendo la destrutturazione della cosa oggetto

 

deriva dalla distanza temporale, che si determina in ragione del perdurare del contatto. La fase destrutturante aderisce maggiormente alla proiezione io sono io che successivamente se ne distanzia attraverso le acquisizioni che derivano dal porsi della fase strutturante. In tutto ciò l’io è ad una distanza ancora maggiore e a lui competerà la elaborazione concettuale della rappresentazione simbolica che sorge dalla cooperazione della fase destrutturante con la strutturante e che viene acquisita attraverso la proiezione dell’io. Questa proiezione successivamente alla soddisfazione e all’annichilimento dell’istinto di aggressività ritorna all’io che avvia la elaborazione concettuale dell’oggetto con ciò distanziandosi ancora di più dall’oggetto. In tutto ciò esplica i suoi effetti anche il processo mnemonico e sembra che la distanza tra memoria a lungo termine e a breve termine abbia anche un senso nell’esplicitarsi di tali fasi. E’ ovvio che il ruolo di quella che abbiamo chiamato proiezione ideativa, in senso lato, non riguarda solo la fase simbolica analizzata, intendendo per simbolo il raggruppamento rappresentativo dell’oggetto attraverso le sue immagini che sono immagini associative date dalla esperienza. E’ attraverso la maggiore aderenza della proiezione dell’io all’oggetto che si verifica la sostituzione all’oggetto. E’ il momento del per sé dell’autocoscienza hegeliana scissa tra l’introiezione dell’oggetto e la identificazione con esso e l’autonomia dell’oggetto, dalla cui autonomia deriva la sua elaborazione e scissione. L’introiezione dell’oggetto, e la identificazione con esso consente il maggiore perdurare mnemonico della elaborazione ,che è ancora simbolica ,dell’oggetto. Probabilmente è la visività del simbolo a consentire e facilitare la sostituzione all’oggetto. A seguito dell’annichilimento dell’istinto di aggressività in quanto penetrativo e della libido, in quanto desiderativa, la cosa oggetto incorporata nel simbolo ritorna alla coscienza che la elabora, e che si narcisizza in tale elaborazione sapendo anche che il suo concetto sarà l’oggetto. E’altamente probabile che l’istinto di aggressività rappresenti una conseguenza del narcisizzarsi della coscienza oltre che della separazione fondativa dall’esterno essendo necessario un termine cui opporsi aggressivamente, e di cui il narcisismo è una conseguenza, rispetto cui con riguardo alla opposizione di interno-interno in quanto esterno varie sono le modalità di narcisismo di tale interno con una propensione al concettuale-ambizione ed ad emotivo-godimento strutturativi degli ulteriori stati della coscienza. Dunque l’ istinto di aggressività così formatosi ha due possibili direzioni l’una delle quali è la penetrazione nell’inconscio, ossia in uno degli aspetti dell’interno-esterno ,ed in cui tra l’altro è conservata la rappresentazione simbolica dell’oggetto l’altra direzione è la stessa o un'altra cosa oggetto, ossia godimento ideativo e perversione, la cui entità di perversione è proporzionale a tale desiderio di godimento, architettura mentale, e pragmatismo. A seconda della direzione che l’io può assumere si verifica la costituzione, dunque, del tipo estrovertito e del tipo introvertito di Jungh. La scelta della coscienza ,di penetrare nell’inconscio a riassumere la rappresentazione simbolica dell’oggetto, sebbene tale associazione si determini anche al ripresentarsi della condizione di stimolo per via automatica e passiva, si lega anche alla volontà della coscienza di aderire all’oggetto, che è il fattore che lega coscienza e realtà e pulsione di scienza, ma anche conseguentemente di essere ogni realtà, volontà di potenza e delirio. Mentre attraverso la proiezione dell’io si ha una aderenza all’oggetto simbolica, la cui totalità è disturbata dall’autonomia dell’oggetto, la elaborazione della coscienza è concettuale, e quindi caratterizzata da una maggiore distanza anche dal reale, che prò può essere richiamato. Ciò consente, nello stesso tempo, la importantissima percezione della separazione dell’io dall’oggetto e instaura il narcisismo dell’io che vuole sostituirsi concettualmente all’oggetto. E’ la voglia di potenza, che tale affermazione narcisistica determina, che molto probabilmente è la causa del prorompimento libidico o aggressivo-penetrativo, ed è, anche come detto, in virtù dell’energia auto accumulatasi dell’io ,che deriva la formazione dell’istinto di aggressività ossia la aggressività

 

come scarica come dinamica differente della aggressività e ferita narcisistica, ossia ancora attacco-fuga, per quanto si possano operare molteplici spostamenti, esamotage. E’ la voglia della coscienza, che vuole aderire all’oggetto tramite il concetto, che determina la successiva penetrazione o nell’inconscio o nell’oggetto, la quale poi si pone sun un piano differente dal desiderativo per quanto correlato alle cariche energetiche e per tale via anche al fattore aggressivo. La rappresentazione concettuale è dunque una delle possibili rappresentazioni della rappresentazione simbolica ed emotiva. E’ qui che si colgono le parole di Kant che riferiscono essere la sintesi dell’Io penso una rappresentazione della rappresentazione ed è in tale momento che inizia a porsi il procedimento di elaborazione razionale. Il fatto che la prima rappresentazione dell’oggetto che sorge dalla cooperazione automatica della modalità strutturante con la destrutturante e concreta il simbolo sia visiva, ma non solo, spiega la acquisizione di tale simbolo da parte della parte inconscia del cervello. Lo stesso Freud affermava che il pensare per immagini si avvicina maggiormente alle modalità esplicitative dell’inconscio ma premetto che tale scoperta risale a Nietzsche come risulta dal modo espressivo del Cosi parlò Zarathustra. La netta demarcazione esistente tra la rappresentazione simbolica e rappresentazione concettuale rimanda poi ad una scissione all’interno del procedimento di elaborazione razionale. Con ciò si inizia a comprendere quanto il momento scissionistico, che pone la dicotomia, oppositiva e non oppositiva, affermando la radicalità della distinzione idealisitca sia di enorme importanza nel procedimento di elaborazione razionale ampliandone la portata attraverso le congiunzioni e le opposizioni. La proiezione io sono io consente all’io di non disintegrarsi nell’acquisizione dei dati provenienti dall’esterno e dall’interno. Successivamente all’annichilimento della spinta, che caratterizza la penetrazione all’esterno o interno-esterno, la proiezione dell’io ritorna all’interno della coscienza. La coscienza si immedesima alla rappresentazione simbolica, visiva che esprime appieno l’oggetto e si sostituisce all’oggetto. Successivamente al suo ritrarsi, cui è spinta dal desiderio di guardare l’oggetto dall’esterno ed anche dal desiderio di esistere, in virtù della immedesimazione, essa si duplica, cosi che una parte della coscienza si stanzia nella rappresentazione simbolica maggiormente aderente all’oggetto, e la elabora . L’autocoscienza dà così inizio alla fase costruttiva dell’oggetto. La necessità di decostruire l’oggetto per favorirne una ricostruzione maggiormente aderente ad esso, fa si che anche l’autocoscienza si scinda cosi che l’una assuma la modalità costruttiva e l’altra la modalità de costruttiva, mentre la coscienza detta la sintesi ossia sostituisce alla proiezione io sono io, i termini io-oggetto, interno-esterno. E’ in virtù della aderenza e del contatto tra tali fasi che le autocoscienze duplicatesi si possono riconoscere reciprocamente. E’ questa la fase del lavoro dell’autocoscienza di cui usufruisce la coscienza che si è ritratta. E’ anche la fase in cui inizia a determinarsi la scissione della coscienza infelice divisa tra la coscienza che pensa la singolarità e la coscienza universale. Aggiungiamo dunque che anche la libido stimolata dal contatto materiale ha due possibili direzioni, in quanto ,o si ritrae dall’oggetto con la realizzazione della soddisfazione, o lo penetra ,nel senso desiderativo, ma la penetrazione è anche componenti aggressive da cui gli impasti. Nel caso in cui penetri essa si associa alla proiezione dell’io sono io, e la alimenta, ma non si associa all’istinto di aggressività ,a meno che tale istinto non venga determinato dal sentimento di paura dell’esterno ,che parimenti potrebbe determinare la ritrazione dall’esterno, o dal desiderio di possesso o oggettificazione dell’oggetto, il quale desiderio di possesso si trasforma nel suo desiderio di distruzione coincidente con il non essere dell’oggetto e con l’essere noi, da cui la interrelazione di nichilismo e potenza, essendo la potenza desiderio di essere, e di amore, eros, desiderio e aggressività-morte, il cui essere interiorizzata o esteriorizzata appartiene a forme e fasi della stessa. Con riguardo alla ritrazione dall’oggetto a seguito della soddisfazione della libido, l’oggetto stesso esiste e tende ad

 

assumere una sua centralità che ne permette la ricostruzione in base alle leggi desiderative e alla loro memorizzazione. La libido così ritrattasi ha due possibili direzioni di sviluppo successivo di cui una è il Sé della persona. Quando la libido si ritrae nel Sé essendo divenuto centrale l’oggetto intervengono nuovamente la fase strutturante e destrutturante ma in una maniera molto aderente alla percezione determinata dal sentimento memorizzato e dalle sue varianti, in coincidenza con il grado di ricaricamento pulsionale che può riguardare anche la differente pulsione di scienza per quanto sempre associata alla categoria generale del desiderio. La fase strutturante e destrutturante, quindi si legano in maniera strettissima al sentimento, che è suscitato nel Sé dalla centralità assunta dall’oggetto, e in tale ambito si pongono dei quadri altamente complicati e interrelati, ossia essendo il sentimento una modalità del sentire esso deve basarsi sulla esperienza di tale sentire, da cui la prima molla per giungere alla elaborazione sentimentale consegue al desiderio e al presentimento nel senso letterale, ossia ancora al desiderio di essere correlato al sentimento di se, e parliamo di nuovo della conservazione, e alla fantasmizzazione del non noto con la sua incidenza sul desiderativo, anche a partire dalla caratteriologia genetica originante dalle coppie cognitive e dai sistemi motivazionali puri e non derivati e coattivati. Tale ritrazione nel Sé consente una ricostruzione più fedele dell’oggetto ed anche qui si determina la fuoriuscita dal Sé della rappresentazione simbolica, che la coscienza successivamente elabora. L’altra direzione che la libido può prendere è l’io del soggetto, restando ovvio che la direzione della ritrazione nel Sé e nell’Io non sono pure, trattandosi di automatismi conservativi di cui uno dei termini può essere inconscio, ed il cui accesso può determinare dissociazioni, sul cui superamento e equilibrio si fonda il principio di omeostasi delle funzioni cerebrali, ossia sul loro stesso equilibrio, interrelato e connesso al principio di costanza per ragioni di connessione ai determinismi della eccitazione che poi esamineremo. Dunque nella ritrazione della libido nell’Io la rappresentazione simbolica è determinata dal contatto immediato del soggetto. E’ dunque elevata l’opera di fantasmizzazione razionale dell’oggetto rispetto alla fantasmizzazione immaginativa inconscia nella scissione di processo allucinatorio visivo e uditivo, rispetto il quale ultimo soffermandoci sullo stesso l’altro è dato dalle connessioni conscio-inconscio e dal ruolo del preconscio. Comunque la libido ritrattasi nell’io contribuisce ,parallelamente al determinarsi di tale fase, che, sottolineo ,è anche immaginativa, il narcisizzarsi dell’io che in virtù di ciò accumula energia al suo interno a partire dal desiderio di essere con la sua connessione alla conservazione e il successivo ricarimento pulsionale o il nuovo determinismo del desiderio pulsionale. Tale energia ,come detto, può determinare una spinta aggressiva dell’io verso l’oggetto o verso l’inconscio. La penetrazione dell’oggetto che segue il narcisizzarsi dell’io consente, come possibilità, di limare la fantasmizzazione dell’oggetto rendendola aderente ad esso ossia attraverso l’impasto di desiderio e pulsione di scienza. La penetrazione dell’oggetto di solito segue al narcisizzarsi dell’io, la quale ha una incidenza sulla attivazione pulsionale desiderativa, che può dipendere anche dalla omeostasi fisiologica di morte-inibizione e eccitazione-conservazione, sebbene tale ultima includa anche il processo inibitorio, che va a relarsi al controllo degli atti motori e del desiderio, io che a seguito del narcisismo con ciò assume sicurezza, sempre per via del legame di conservazione e narcisismo e conservazione-desiderio di essere-potenza- sicurezza, e con ciò può verificare l’aderenza del concetto dell’oggetto all’oggetto. Ossia la relazione di sicurezza-conservazione è codeterminativa la strutturazione della coscienza (Il particolare è determinato dal concetto di madre sufficientemente buona, ma qui esaminiamo le questioni neurologicamente, senza togliere le dovute valenze ambientali). Nel caso in cui la libido si ritragga nel Sé la strutturazione dell’oggetto avviene nella parte inconscia del soggetto, ossia nella parte visiva inconscia (si ricordi la tesi sulla vista inconscia comprovata in via